domenica 30 settembre 2012

“Il disprezzo” di Jean-Luc Godard: scene da un matrimonio, in crisi.


Tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia pubblicato nel 1954, e girato in Italia tra Roma e Capri, “Il disprezzo” è considerato un vero e proprio classico della cinematografia d’Oltralpe. Diretti da Jean-Luc Godard, uno dei grandi maestri della Nouvelle Vague, Brigitte Bardot e Michel Piccoli interpretano una coppia francese il cui matrimonio appare ormai giunto inevitabilmente al capolinea.
Paul Javal (Michel Piccoli), uno sceneggiatore teatrale francese, è sposato con Camille (Brigitte Bardot), un’ex-dattilografa.
La coppia vive a Roma, dove recentemente ha acquistato una casa, conducendo una vita apparentemente tranquilla e felice.
Paul viene contattato da un produttore americano, Jeremy Prokosh (Jack Palance), per riscrivere la sceneggiatura di un film basato sull’Odissea di Omero, e diretto da Fritz Lang, con lo scopo di modernizzarla.
Il giorno dell’appuntamento con Prokosh, Paul viene raggiunto da Camille presso gli studi di Cinecittà. Vedendola, l’americano ne rimane subito affascinato e, con la scusa di discutere con più tranquillità i dettagli della sua proposta, invita la coppia a seguirlo a casa sua.
Intenzionato a raggiungerli successivamente in taxi, lo sceneggiatore esorta la moglie ad andare lei con Prokosh.
Camille, sicura che Paul l’abbia fatto per lasciarla da sola con il produttore americano, inizia a disprezzare il marito, accusandolo di essere troppo arrendevole ai compromessi; e a seguito di ciò il loro rapporto entra in crisi, sebbene prima di quell’episodio sembrasse navigare in acque tranquille.
La situazione continuerà a degenerare, anche dopo che la coppia si sarà trasferita a Capri per seguire le riprese del film, fino a quando la storia non  giungerà a un fatale e tragico epilogo…



Riprendendo le linee guida del romanzo di Moravia, Jean-Luc Godard realizzò una pellicola personale, dal carattere decisamente più commerciale rispetto ai suoi precedenti lavori, in un’epoca in cui la Nouvelle Vague stava vivendo una situazione di profondo stallo.
Così come era stato distribuito nelle sale italiane, “Il disprezzo” appariva notevolmente diverso da quello della versione che era stata invece presentata al pubblico francese ( di cui vi consiglio vivamente la visione, anche se sottotitolata in italiano ).
In effetti Carlo Ponti, uno dei produttori del film, riteneva che la copia originale fosse inaccettabile per il mercato italiano; per questo motivo provvide a far tagliare e rimontare alcune scene, nonché a modificare alcuni dialoghi, con la conseguenza di stravolgere il significato originale della pellicola.
Lo stesso Godard, dopo aver visto la versione rielaborata da Ponti, ne rinnegò immediatamente la paternità.
Proprio per motivi di censura, nella versione giunta nella sale italiane furono tagliate due scene in cui Brigitte Bardot appariva nuda. All’inizio del film, nel momento in cui Camille e Paul giacciono sul letto una accanto all’altro e, più avanti, quando vediamo l’attrice francese distesa su di un tappeto bianco.
L’indimenticabile “Thème de Camille” composto da Georges Delerue, nella versione italiana venne, a mio avviso, inspiegabilmente sostituito dalla musica di Piero Piccioni, facendo perdere così alla pellicola parte della sua originaria drammaticità, invece così ben sottolineata dalla struggente melodia di Delerue, che potete (ri)ascoltare cliccando QUI.
“Il disprezzo” si contraddistingue anche per il suo notevole impatto visivo sullo spettatore,  grazie a una magistrale fotografia che ricorre all’utilizzo di colori vivaci, soprattutto nelle scene ambientate a Capri in cui predominano il blu del mare, il giallo del sole e il rosso della villa.
Accanto ad una sensualissima Brigitte Bardot, e a un impareggiabile Michel Piccoli, ritroviamo il grande Jack Palance nel ruolo del facoltoso produttore americano e, nella parte di se stesso, Fritz Lang, l’indimenticabile regista austriaco che Godard, per la grandissima stima che nutriva nei confronti del suo lavoro,  volle in questo suo ennesimo e controverso film.



Titolo: Il disprezzo ( Le mépris )
Regia: Jean-Luc Godard
Interpreti : Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance, Fritz Lang, Giorgio Moll
Nazionalità: Francia
Anno : 1963



sabato 22 settembre 2012

“Giù al nord” di Dany Boon: quando i pregiudizi si combattono ridendo.


Già campione d’incassi al box-office francese, nell’ottobre del 2008 “Giù al nord”, diretto e interpretato da Dany Boon, arrivò nelle nostre sale, riscuotendo un notevole successo di pubblico anche qui in Italia. In questa pellicola il regista affronta in chiave comica il tema delle differenze sociali e culturali tra il nord e il sud della Francia e i pregiudizi che ne derivano. Due anni più tardi, nel 2010, il “nostro” Claudio Bisio decise poi di realizzarne un remake in salsa italiana: il fortunatissimo “Benvenuti al sud”.
Philippe (Kad Merad) è il direttore dell’ufficio postale di Salon-de-Provence.
Costantemente  pressato dalla moglie Julie (Zoé Felix), che vuole andare a vivere in Costa Azzurra, e nel tentativo di ottenere più facilmente il trasferimento in quella regione, decide di fingersi disabile. Scoperto però da un ispettore che sta seguendo la sua pratica, invece di essere licenziato, viene assegnato per punizione all’ufficio postale di Bergues, nel freddo Nord-Pas de Calais.
A causa dei numerosi pregiudizi che avvolgono quella regione della Francia,  Philippe vive  questo trasferimento come una vera e propria tragedia; a ogni modo, costretto ad accettare la nuova destinazione, si prepara a partire senza la sua famiglia al seguito.
Nei giorni che seguiranno il suo arrivo a Bergues, scoprirà però che il clima non è poi così terribile come glielo avevano descritto, e gli abitanti del luogo, sebbene parlino lo Ch’ti ( un dialetto a lui praticamente incomprensibile ) si dimostreranno nei suoi confronti estremamente ospitali.
Inoltre con i colleghi, e in particolar modo con Antoine (Dany Boon),  settimana dopo settimana si svilupperà un profondo rapporto di amicizia. Quando infatti dopo tre anni, e numerose e divertenti peripezie, Philippe otterrà finalmente il tanto atteso trasferimento nel sud della Francia, per lui sarà estremamente doloroso separarsi dai suoi cari amici Ch’ti.


Originario proprio del Nord-Pas de Calais, Dany Boon ha voluto dedicare questa sua seconda opera come regista a un tema al quale è particolarmente sensibile; ovvero il diffuso pregiudizio dei  francesi nei confronti dell’area di Lille, ritenuta incredibilmente fredda e piovosa e, soprattutto, abitata da persone grette e poco socievoli.
E’ proprio nel tentativo di dissipare questi spiacevoli preconcetti che Boon ha realizzato una  commedia esilarante ma al tempo stesso estremamente umana, in cui vediamo il personaggio interpretato da Kad Merad cambiare lentamente opinione sugli abitanti di Bergues e sulle loro abitudini, rivelandosi così del tutto infondato ciò che fino ad allora  gli era stato raccontato su quella regione del nord della Francia.
Dopo tre anni, nel momento in cui verrà finalmente trasferito  al sud, a Porquerolles, constaterà poi la veridicità del proverbio citatogli da Antoine al momento del suo arrivo a Bergues, ovvero: “Quando uno straniero viene a vivere al nord, raglia due volte: quando arriva e quando riparte”.
Philippe rappresenta il prototipo di colui che, non conoscendo da vicino il Nord-Pas de Calais, ne ha un’idea estremamente negativa, a causa delle sue difficili condizioni climatiche, della povertà e  disperazione degli abitanti.
La maggior parte delle gag a cui assistiamo durante la visione del film ruota intorno alle frequenti incomprensioni tra Philippe e i suoi colleghi derivanti dall’uso dello Ch’ti, in cui, fra le varie peculiarità,  la pronuncia delle “s” diventa “ch”, e il “toi” e “moi” si trasformano rispettivamente in “ti” e “mi”.
Nonostante l’impresa si presentasse tutt’altro che semplice, bisogna a ogni modo riconoscere che con “Giù al nord” Dany Boon è riuscito a far riflettere e, contemporaneamente, a  divertire i suoi connazionali, facendoli ridere fino alle lacrime, come dichiarato dal quotidiano francese “Le Monde”.



Titolo: Giù al nord ( Bienvenue chez les Ch’tis )
Regia: Dany Boon
Interpreti : Kad Merad, Dany Boon, Zoé Felix, Philippe Duquesne, Line Renaud
Nazionalità: Francia
Anno : 2007

martedì 18 settembre 2012

“Per fortuna che ci sei” di James Huth: l’amore, quando meno te lo aspetti.


Uscito in Francia nel giugno di quest’anno, e da noi trasmesso di recente, direttamente in televisione, “Per fortuna che ci sei” è una commedia romantica che, sebbene di produzione francese, per struttura e ritmo riporta alla mente le vecchie pellicole hollywoodiane degli anni trenta e quaranta. Accanto a una splendida Sophie Marceau ritroviamo il simpaticissimo Gad Elmaleh, che qui in Italia conosciamo soprattutto per i suoi ruoli comici ne “Una top model nel mio letto” e “Ti va di pagare?
Sacha (Gad Elmaleh) è un musicista single che trascorre le sue serate suonando il piano nei jazz club, divertendosi con gli amici e passando da una donna all’altra. Vive da solo in un loft situato nel quartiere di Montmartre senza alcuna responsabilità sulle spalle e, soprattutto, senza avvertire minimamente il bisogno di una relazione sentimentale stabile; questo fino a quando, in un piovoso martedì di maggio, non incontra Charlotte (Sophie Marceau). Tra i due scatta immediatamente il colpo di fulmine.
Lei è una donna in carriera, che organizza mostre di arte contemporanea per conto di Alain Posche (François Berléand), potente e arrogante uomo d’affari parigino, nonché l’ultimo dei due suoi ex-mariti. Dovendo inoltre occuparsi di tre figli, conduce una vita diametralmente opposta a quella di Sacha.
Sebbene i due apparentemente non abbiamo nulla in comune, dopo una serie di peripezie, capiranno però di non poter più fare a meno l’uno dell’altra.


Non è certamente la prima volta che l’idea della storia d’amore tra due persone caratterialmente agli antipodi viene utilizzata dal cinema, soprattutto da quello americano; ed è proprio alle indimenticabili pellicole di Frank Capra e George Cukor che si è ispirato James Huth per realizzare questa divertente commedia rosa in cui sono evidenti i richiami al genere slapstick.
Per fare questo il regista si è avvalso non solo dell’innata comicità di Gad Elmaleh, ma anche del poliedrico talento di Sophie Marceau che, nonostante l’immagine decisamente sofisticata di Charlotte, in questo film vediamo più volte inciampare e cadere rovinosamente a terra in modo alquanto maldestro.
Tra il personaggio di Sacha e quello di Charlotte, è indubbiamente il primo ad affrontare un vero e proprio cambiamento; dichiaratamente allergico alle relazioni stabili e, soprattutto, ai bambini, a poco a poco lo vediamo prendere le distanze da alcune posizioni che hanno contraddistinto per anni il suo stile di vita prima dell’incontro con Charlotte.
Quest’ultima invece, dopo la fine del suo secondo matrimonio, sembra non avere né il tempo né il desiderio di pensare a un nuovo amore, in quanto già sufficientemente impegnata a destreggiarsi tra la sua carriera e la cura dei propri figli. 
In un ruolo secondario, ma non per questo meno importante, ritroviamo il bravissimo François Berléand, nei panni di uno dei due ex-mariti di Charlotte, il quale, al fine di contrastare la relazione tra i due, non mancherà di esercitare la sua influenza nel tentativo di screditare professionalmente il musicista.
La scelta delle locations contribuisce indubbiamente a conferire un ulteriore tocco glamour a questa pellicola, la cui fotografia ci regala una Parigi insolitamente colorata e luminosa, perfino nella scena dell’incontro sotto la pioggia tra Sacha e Charlotte, in cui possiamo riascoltare in sottofondo l’indimenticabile “A sunday kind of love” di Etta James. 


Titolo: Per fortuna che ci sei ( Un bonheur n’arrive jamais seul )
Regia: James Huth
Interpreti : Sophie Marceau, Gad Elmaleh, Maurice Barthélémy, François Berléand
Nazionalità: Francia
Anno : 2011

giovedì 13 settembre 2012

“Bella di giorno” di Luis Buñuel: la fragilità di una donna morbosamente in bilico tra sogno e realtà.


Tratto da un romanzo di Joseph Kessel del 1929, e diretto nel 1967 dal regista spagnolo Luis Buñuel, “Bella di giorno” suscitò un enorme scandalo per la scabrosità dei temi trattati all’epoca in cui uscì nelle sale. A ogni modo, in considerazione dell’elevato valore artistico riconosciutogli, questo film si aggiudicò il Leone d’oro alla  Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Protagonista della pellicola è una straordinaria Catherine Deneuve, nel ruolo di una moglie borghese dalla personalità alquanto complessa, affiancata da alcuni mostri sacri del cinema francese che rispondono ai nomi di Jean Sorel, Michel Piccoli e Pierre Clementi.
Séverine (Catherine Deneuve) è l’elegante e sofisticata moglie di un medico parigino (Jean Sorel).
A causa di turbe psichiche che, da quello che riusciamo a intuire, risalgono probabilmente agli anni della sua infanzia, ha una vita affettiva alquanto distorta, caratterizzata da un’evidente frigidità nel rapporto con il marito e, contemporaneamente, da evidenti inclinazioni masochiste.
Nel tentativo di dare sfogo alle proprie fantasie erotiche e di liberarsi dalle fobie che ne condizionano pesantemente l’esistenza, Séverine inizia a prostituirsi tutti i pomeriggi, dalle 14 alle 17, presso l’appartamento di Madame Anaїs (Geneviève Page), con il nome di “Bella di giorno”.
L’incontro con Marcel (Pierre Clementi), uno dei frequentatori di quella casa di appuntamenti, e la travolgente passione che li unirà, avrà però delle inaspettate e, soprattutto, drammatiche conseguenze nella vita di Séverine.


Ambientata in un’incantevole Parigi della metà degli anni sessanta, la pellicola di Buñuel nasconde  sotto la sua elegante patina dorata tutte le torbide contraddizioni di una donna borghese, incapace di  vivere serenamente il proprio matrimonio.
Alla base di questa sua instabilità affettiva sembrano esserci le molestie sessuali subite da bambina da parte di un adulto, secondo quanto possiamo intuire dalla visione di un breve flashback all’interno del film.
La narrazione del regista si contraddistingue per un continuo intrecciarsi della realtà con il sogno, all’interno del quale Séverine si rifugia dando libero sfogo alle sue fantasie più intime; questo almeno fino a quando non inizierà a prostituirsi.
Inizialmente timorosa e riluttante ad assecondare i desideri e le perversioni dei clienti della casa di appuntamento presso la quale si reca quotidianamente, ben presto però si renderà conto di non poter più fare a meno di quella sua vita “parallela”, in cui “Bella di giorno” prende il posto di Séverine.
La fatale attrazione per Marcel, personaggio dalla fedina penale tutt’altro che pulita, segnerà però l’inizio di un drammatico precipitare degli eventi, in conseguenza del quale Séverine smetterà di essere una delle ragazze di Madame Anaїs, pur continuando però a rifugiarsi nelle atmosfere oniriche dei suoi sogni.




Titolo: Bella di giorno ( Belle de jour )
Regia: Luis Buñuel
Interpreti : Catherine Deneuve, Jean Sorel, Michel Piccoli, Macha Meril, Pierre Clementi
Nazionalità: Francia
Anno : 1967

sabato 8 settembre 2012

“Tanguy” di Etienne Chatiliez: un graffiante ritratto della società ( italiana ) moderna.


Prendendo spunto da un fatto di cronaca italiana, nel 2001 il regista Etienne Chatiliez girò “Tanguy”: una commedia, campione d’incassi in Francia,  dallo stile garbato ma allo stesso tempo graffiante.
In questa pellicola ritroviamo, tra gli altri, due attori del calibro di Sabine Azéma e André Dussollier, nell’esilarante ruolo di una coppia di genitori esasperati da un figlio che, sebbene abbia ormai concluso il suo ciclo di studi, non sembra per nulla intenzionato ad abbandonare il tetto familiare.
Tanguy Guetz (Eric Berger) ha 28 anni. E’ un ragazzo incredibilmente capace, con un brillante curriculum scolastico, in cui spiccano una laurea in scienze politiche, un master in filosofia e la conoscenza fluente delle lingue orientali, che sta per essere ulteriormente arricchito da una seconda laurea in cinese.
Abita felicemente con la madre Edith (Sabine Azéma) e il padre Paul (André Dussollier), ai quali si rivolge sempre in maniera estremamente affettuosa.
Tanguy ha però la curiosa abitudine di portarsi a casa le sue numerose partner occasionali, che puntualmente il mattino dopo presenta ai suoi genitori nel momento in cui stanno facendo colazione.
Non sembra minimamente intenzionato ad andare a vivere da solo; questo almeno finché non avrà discusso la tesi, grazie alla quale per lui potrebbe presentarsi un’importante opportunità di lavoro a Pechino.
Quando però mancano solamente poche settimane al giorno previsto per la discussione, Tanguy decide di rinviare tutto all’anno successivo per paura che la fretta rovini il lavoro da lui svolto fino a quel momento.
I genitori, che attendevano con impazienza la partenza del figlio per Pechino, per poter ritrovare così un po’ della loro perduta intimità, non sopportando più  di averlo per casa, iniziano a rendergli l’esistenza impossibile, affinché lui si decida una volta per tutte ad andare a vivere per conto proprio.
Tanguy trova quindi un piccolo appartamento dove andare ad abitare, ma subito dopo  la prima notte, durante la quale è vittima di un attacco di panico, Edith e Paul si sentono in dovere di riaccoglierlo in casa.
Nel frattempo la loro convivenza continua comunque a degenerare, fino a quando, dopo essere stato cacciato malamente di casa, Tanguy non li cita addirittura in giudizio, vincendo per giunta la causa.
Un’inaspettata partenza per Pechino, però, riuscirà a risolvere miracolosamente ogni problema della famiglia Guetz… 



Sebbene il fenomeno sociologico dei figli che tardano ad abbandonare la casa dei genitori sia oramai considerato un tratto distintivo della società italiana, ulteriormente accentuato dalla crisi economica che stiamo attraversando, di certo non poteva affermarsi la stessa cosa per ciò che accadeva in Francia all’epoca in cui il regista decise di girare “Tanguy”; la cui sceneggiatura, come già accennato nell’introduzione, prende proprio spunto da un fatto realmente accaduto in Italia.
Partendo da una situazione che, a dire il vero, per noi non ha nulla di straordinario, Chatiliez è riuscito a realizzare un graffiante ritratto di una moderna famiglia borghese, all’interno della quale una coppia di genitori esasperati, e interpretati da due irresistibili assi del cinema francese, ricorrono a qualsiasi bassezza pur di riuscire a cacciare di casa il loro talentuoso figlio che, stranamente, reagisce alle innumerevoli provocazioni di mamma e papà con una calma quasi irritante.
Piegandosi alle esigenze della commedia, Chatiliez spinge ovviamente la situazione al limite del paradossale; il che ci permette di trascorrere un paio di ore in compagnia di una piacevole pellicola, facendoci allo stesso tempo riflettere su di un fenomeno di innegabile importanza sociale.




Titolo: Tanguy ( Tanguy )
Regia: Etienne Chatiliez
Interpreti : André Dussollier, Sabine Azéma, Eric Berger
Nazionalità: Francia
Anno : 2001


martedì 4 settembre 2012

“Beautiful lies” di Pierre Salvadori: le bugie hanno sempre le gambe corte.


Dopo il successo di “Ti va di pagare?”, nel 2010 Audrey Tautou tornò a essere diretta da Pierre Salvadori in “Beautiful lies”: una divertente commedia degli equivoci, nella quale la ritroviamo accanto alla bravissima Nathalie Baye, che in questo film interpreta il ruolo di sua madre.
Emilie (Audrey Tautou) ha recentemente aperto un salone di bellezza insieme ad un’amica.
Una mattina di primavera riceve per posta una dichiarazione d’amore da parte di un ammiratore segreto; troppo impegnata con il suo lavoro, non è comunque minimamente incuriosita da quella lettera, e così decide di cestinarla.
In realtà l’autore di quella missiva è Jean (Sami Bouajila), il ragazzo che si occupa dei lavori di manutenzione all’interno del suo salone.
Maddy (Nathalie Baye), la madre di Emilie, non si è più ripresa da quando è stata lasciata dal marito per una donna più giovane. Da parte sua continua comunque a sperare di poter tornare insieme a lui, ma non sa che in realtà è in procinto di sposarsi con la sua amante e che i due sono in attesa di un figlio.
Rivelatisi vani i numerosi tentativi di Emilie per farle riacquistare la fiducia in se stessa, la giovane decide allora di ricopiare la lettera ricevuta dal suo ammiratore misterioso, e di spedirla alla madre, nella speranza che questo possa aiutarla a sentirsi nuovamente apprezzata dagli uomini.
A seguito di questa sua innocente bugia si scatenerà però tutta una serie di divertenti equivoci e, soprattutto, verrà a crearsi un insolito triangolo amoroso tra Emilie, Maddy e Jean… 


Girato nella colorata cittadina di Sète, località marittima del sud della Francia, “Beautiful lies” riunisce sullo schermo due generazioni di attrici francesi. 
La maturità e il fascino di Nathalie Baye, interprete molto apprezzata non solamente in Francia, si contrappongono alla simpatia e alla freschezza di Audrey Tautou, che, diretta per la seconda volta dal poliedrico Pierre Salvadori, ritroviamo in un ruolo che sembra esserle stato cucito addosso.
Emilie ci viene presentata come una ragazza delusa dall’amore e, in conseguenza di ciò, apparentemente un po’ cinica.
Il desiderio di veder tornare a sorridere sua madre, la spingerà comunque a un insolito gesto che, pur innescando una reazione a catena di equivoci, permetterà anche a lei di riaprire gli occhi e, soprattutto, il cuore a un nuovo amore.
Pur nella sua semplicità, questa spensierata commedia riesce nel suo intento di far sorridere lo spettatore, grazie soprattutto alle interpretazioni delle due protagoniste che, sebbene nei rispettivi ruoli di madre e figlia, si ritroveranno a essere addirittura rivali.



Titolo: Beautiful lies ( De vrais mensonges )
Regia: Pierre Salvadori
Interpreti : Audreay Tautou, Nathalie Baye, Sami Bouajila
Nazionalità: Francia
Anno : 2010